Dopo la discussione in commissione il decreto Salvini resta orribile. Un manifesto che non contiene né norme né risorse per dare più sicurezza ai cittadini. Non ci sono più soldi per le forze dell’ordine o per la video sorveglianza; si dà ai sindaci la possibilità di fare ciò che già possono fare, ma non c’è nulla per intervenire sul degrado e dare strumenti per mettere in sicurezza aree come quella di San Lorenzo, resa tristemente nota dalla cronaca di questi giorni.
La stragrande parte delle misure contenute nel decreto serve a mostrare un volto disumano e inospitale dell’Italia, con l’assurda idea di spaventare chi già non ha niente, né soldi, né libertà e né diritti, perché non venga in Italia. Per fare questo si sono accumulate norme palesemente incostituzionali, riducendo le motivazioni per i permessi umanitari, demolendo tutti i cardini dell’integrazione che funziona, costruendo, con procedure accelerate (senza gara con buona pace dei 5 stelle) i centri per i rimpatri, in cui detenere per 180 giorni le persone con foglio di via, ma senza occuparsi di finanziare i rimpatri stessi, infine facendo precipitare nella clandestinità persone che hanno il permesso di soggiorno, magari lavorano e hanno casa.
Ci saranno più clandestinità e più insicurezza. Ma di questo vive la Lega: dell’alimentare paure. Un decreto inutile e dannoso che, anche sulla pelle di migliaia di persone che già legalmente vivono qui, costruisce l’idea di un paese egoista e che arretra sul fronte delle libertà e dei diritti. In questo contesto continua ad esserci un’assurda definizione delle priorità da affrontare per dare più sicurezza al Paese. Ci sono norme per tutto: dai parcheggiatori abusivi, ai distributori automatici che recano disturbo, dall’accattonaggio ai blocchi stradali.
Ma non c’è una sola norma per rafforzare il contrasto alle mafie o, per esempio, la lotta al traffico di esseri umani. Insomma i problemi di legalità e sicurezza in questo Paese sono i negozi etnici e non le mafie che stanno penetrando nella nostra economia, rifornendo le piazze dello spaccio, insediandosi in tanti territori anche del Nord. Gli unici accenni alla lotta alla criminalità organizzata fanno riferimento alla gestione dei beni confiscati e allo scioglimento dei comuni. In commissione non siamo riusciti a evitare che il governo peggiorasse alcune norme, come la cancellazione dell’obbligo di istituire nelle prefetture tavoli per salvaguardare l’occupazione nelle aziende confiscavate.
Ma grazie al Pd e ad un nostro emendamento, ora i comuni potranno contare su un fondo dedicato alla sistemazione dei beni confiscati, alimentato con il 10% dei proventi derivanti dalle vendite di quelli non utilizzati. È una cosa importante. Perché da tempo i comuni denunciavano la difficoltà ad utilizzare soprattutto gli immobili per mancanza di fondi per la ristrutturazione e la messa a disposizione della collettività, e così abbiamo raccolto questa esigenza.
Ma soprattutto abbiamo evitato che la norma del governo, tutta volta ad accelerare ed ampliare la possibilità di vendita dei beni confiscati ai privati, mettesse in discussione il principio cardine della Legge La Torre, quello di colpire i patrimoni dei mafiosi e metterli a disposizione della collettività. Con il nostro emendamento abbiamo fatto passare un principio preciso: mettere i Comuni nelle condizioni di rispettare il limite dei 2 anni per progettare il riutilizzo dei beni confiscati. Insomma abbiamo difeso il valore della legge che confisca i beni alle mafie e finalmente ottenuto risorse per i comuni. Purtroppo in un contesto terribile.


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