Non ho resistito alla prima proiezione utile di Hammamet, un giovedì di gennaio in un cinema di Roma alle spalle di quel Palazzaccio che fa da monito per la giustizia umana, terrena, a volte troppo terrena. Non me ne sono pentito.
Il film merita di essere visto ma per ragioni forse diverse da quelle che ci si attendeva. È certamente un film politico ma in senso diverso da quello che si potrebbe pensare.
Non indugia sull’ascesa del leader socialista, né sui caratteri innovativi del suo governo, sull’attestazione economica del Paese, sull’affermazione di indipendenza a Sigonella o sull’intuizione presidenzionalista e sull’anelito riformista. Né, viceversa, insiste sul degrado dell’elefantiasi partitica, sull’insopportabile tributo che in quella stagione ogni ganglio dell’economia e della società sembrava dare alla politica. E non perché tutto questo citato non venga a tratti sfiorato, accarezzato dal film, nel suo svolgimento, ma perché in realtà vi resta così, solo sullo sfondo, quasi fosse un accidente la politica di fronte alla vicenda umana.
Perché di fatto Hammamet di Amelio è anzitutto il racconto di una parabola umana, politica in quanto umana. Ed è una scelta. Comprensibile.
Il tribunale della storia non può pronunciare verdetto prima di almeno cinquant’anni, prima che tutti i protagonisti, i loro risentimenti, i loro interessi, non siano che un lontano ricordo, distanti dall’attuale contaminazione della tifoseria, della partigianeria.
E la vicenda politica di Craxi è ancora la vicenda di un Paese che non ha saputo fare i conti con la sua storia recente, con gli effetti che la caduta del muro di Berlino, la fine dei due blocchi ha avuto in Italia.
Il mio personale giudizio su Craxi è noto e pubblicato su questa testata e su altre autorevoli in questi anni. Restando al film tuttavia, e alla vita di recluso in Tunisia, resta evidente un fatto.
Un premier, che comunque si giudichi, ha servito il Paese per una vita intera, non doveva morirne lontano e forse è arrivato il tempo di seppellire i risentimenti di parte, di ogni parte, e tributargli un omaggio, certo postumo, forse tardivo.
E anche per questo, il 19 gennaio, nell’anniversario della sua scomparsa, porterò un garofano ad Hammamet, in quel piccolo cimitero che guarda il mare.


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