Parla Anna Rossomando, piemontese, avvocato, area pd Orlando, vicepresidente del Senato.
La crisi di governo è in stallo.
«E assente la politica e se ne esce con la politica. I vincitori alle elezioni parlano solo di alleanze e non di programmi. Sono paralizzati dai loro veti incrociati. Parlare di due forni, come fa Di Maio, e dire che è indifferente con quale forno trattare è inaccettabile. I nostri programmi, al momento, sono incompatibili con i 5 Stelle e con Lega e centrodestra».
Il Pd resterà sull`Aventino?
«Il Pd deve stare nel dibattito politico con le sue proposte, altro che Aventino. Qualcosa in queste settimane si è mosso e anche per questo ritengo sia stato un errore rinviare la nostra Assemblea nazionale che non può essere ridotto a una conta. In ogni caso, si può esercitare un ruolo e influenzare le scelte altrui anche stando all`opposizione e non al governo».
E se il M55 vi chiede di trattare?
«Le richieste di dialogo vanno sempre accettate, ma l`idea del ‘chiudo un forno e ne apro un altro a mio piacimento’ sono irricevibili. I programmi, tra noi e i 5Stelle, restano distanti. Di certo il Pd deve essere sfidante, sulle priorità per il Paese, e può farlo anche dall’opposizione, come insegna la migliore e più alta tradizione del parlamentarismo».
Mattarella, esauriti gli altri tentativi, potrebbe chiedere al Pd di partecipare a un esecutivo di tregua? Cosa rispondere?
«Innanzitutto, parliamo di uno scenario che presuppone che si siano esauriti in modo negativo tutti gli altri tentativi, cioè un governo centrodestra-M5S o di altro tipo. Poi, va presupposto un percorso istituzionale di iniziativa del presidente della Repubblica. Se tutte queste condizioni dovessero verificarsi, ne servirebbe una terza: l`accettazione da parte di tutte le forze politiche in campo dell`appello del presidente alla responsabilità istituzionale. E evidente che, di fronte al Paese, il Pd non potrebbe avere un atteggiamento irresponsabile, ma – ripeto – tutti i partiti dovrebbero dimostrare altrettanto senso di responsabilità».
Veniamo al Pd. Che fare?
«Il Pd deve fare una seria riflessione e analisi sulle ragioni della sua sconfitta elettorale e capire da dove può ripartire. Serve un nuovo segretario e un congresso, dopo un periodo di transizione, ma non affidando la soluzione a una ‘gazebata’ che, in questa fase, non scioglierebbe alcun nodo. Il Pd elegga un segretario in Assemblea e vada in tempi ragionevoli a un congresso con una gestione davvero collegiale, una concezione del partito come comunità, una visione che metta al centro la politica che non si esaurisce nel governo».


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