“Desta forte preoccupazione l’asimmetria competitiva che il CETA potrebbe determinare tra le produzioni canadesi e le produzioni europee e, in particolare, italiane, presidiate da puntuali regole e relativi costi funzionali a tutela del lavoro, della salute e dell’ambiente. Pertanto, reputo ancora necessario approfondire alcuni delicati aspetti dell’accordo, anche alla luce degli sviluppi che si avranno sulle serie obiezioni e perplessità poste sul CETA in altri Paesi europei, in particolare in Francia e Germania.” Lo dichiara il senatore del Pd Francesco Scalia, relatore per la commissione industria del disegno di legge di “Ratifica Accordi UE-Canada partenariato strategico economico e commerciale. Il CETA abolisce il 99% dei dazi doganali e per essere pienamente efficace, dopo essere stato approvato a maggioranza dal Parlamento europeo lo scorso 15 febbraio, deve essere approvato da tutti i Parlamenti nazionali dell’UE. “Dall’esame attento degli accordi si rilevano serie criticità nel CETA – spiega Scalia- concernenti soprattutto il settore agricolo e agroalimentare italiano. Le nostre peculiari caratteristiche di qualità e tipicità e il relativo pregio non appaiono, infatti, compiutamente protette, se si pensa al riconoscimento di sole quarantuno indicazioni geografiche italiane, a fronte di 288 DOP e IGP registrate, e alla legittimazione in alcuni casi del diffuso fenomeno dell’italian sounding, ovvero l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promuovere e commercializzare prodotti niente affatto riconducibili al nostro Paese. Esso, è il caso di ricordarlo, rappresenta la forma più eclatante di concorrenza sleale nei confronti dei consumatori, soprattutto nel settore agroalimentare, e va seriamente combattuto. Anche per quanto riguarda il principio di equivalenza delle misure sanitarie e fitosanitarie contenuto negli accordi- aggiunge Scalia- emergono delle serie preoccupazioni, data la circostanza che in Canada è consentito l’uso di diverse sostanze attive -come il glifosato, i neomicotinoidi e la streptomicina, un antibiotico per la lotta alle batteriosi delle colture- vietate invece nell’Unione europea. Questi e altri aspetti- conclude Scalia- uniti alle riserve espresse da altri stati membri in fase di approvazione, suggeriscono a mio avviso al Parlamento italiano di attendere per approfondire ulteriormente prima di dare il via libera al CETA.”


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