“I dati definitivi delle Primarie hanno confermato i nostri dubbi, basta riflettere sulla partecipazione che ha superato solo di poco il 50% della platea di elettori alle primarie del 2014 (poco poco di più di 80.000 contro 139.090). Mancano all’appello almeno 55 mila elettori del popolo del centro sinistra. Un evidente calo, nonostante l’estensione della possibilità di voto ai sedicenni e la partecipazione massiccia di esponenti di destra che in alcune realtà hanno militarizzato il voto come avvenuto a Nardò o Ruffano, solo per restare alla provincia di Lecce.
L’affermazione di Michele Emiliano era prevedibile, anche per le modalità di interpretazione di quel ruolo di governo che riveste in campagna elettorale e per la inusuale agibilità negli spazi politici del PD da candidato non iscritto, rispetto ai partecipanti invece iscritti.
In alcune aree, poi, il dato è particolarmente emblematico: la provincia di Taranto ha registrato la più bassa percentuale di partecipazione, mentre a Brindisi città e nella provincia di Lecce hanno votato meno della metà degli elettori del 2014, nonostante il fortissimo coinvolgimento di amministrazioni comunali di destra. Dati che evidentemente esprimono un chiaro dissenso rispetto alle politiche regionali e alle modalità di coinvolgimento di esperienze “esterne” e che indicano chiaramente come questa forma di legittimazione non risolva i dubbi e le perplessità avanzate in tutti questi mesi riguardo alla competitività della proposta politica per l’appuntamento delle elezioni regionali in primavera.
Le espressioni di soddisfazione su fantomatiche “percentuali bulgare” in favore di Emiliano stridono con il raffronto tra il totale di voti ottenuti dal governatore uscente rispetto al 2014 (56.000 contro i 77.000) dopo 5 anni di governo. Avevamo ragione noi: i risultati delle primarie sono la rappresentazione in numeri di un approccio amministrativo, ma anche politico, di Michele Emiliano che non produce valore aggiunto. Le sue intenzioni erano quelle di allargare il perimetro della coalizione coinvolgendo civismo e moderati del centrodestra, ma il risultato è stato un significativo restringimento della platea di elettori.
Come pure è fuorviante pensare di edulcorare il dato sulla partecipazione raffrontandolo alle primarie per la segreteria nazionale del PD, o immaginare di chiudere la discussione rispetto a chi ha espresso critiche severe. Prendo in prestito le parole di Fabiano Amati che agli esiti del voto di ieri ha dichiarato di considerare “essenziale coinvolgere chi non ha partecipato, perché il dato sull’affluenza ha un significato imponente”.
Aggiungo, se un dato utile registrano queste primarie, sono anche le parole di Lacarra – finalmente oserei dire – quando dice che per sconfiggere il centrodestra “Abbiamo bisogno di tutti, anche di coloro che hanno espresso scetticismo in queste settimane”. Uno scetticismo che non era rivolto alle primarie in quanto tali, ma all’ordine di priorità rispetto alle cose da fare ed alle modalità di programmazione dell’appuntamento. Primarie che sono state volutamente esautorate della loro funzione, cioè quale momento di confronto e dibattito sulle questioni amministrative, come Ilva, Tap, Xylella, sanità, PSR, e occasione per tracciare e condividere una visione della Puglia del futuro. Ora spero che anche Emiliano vorrà raccogliere questo segnale. Altrimenti sarà difficile che torni la Primavera in Puglia”. Così il senatore Dario Stefàno, vice presidente dei senatori del Pd.


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