“Una condanna all’ergastolo comminata in primo grado per aver ucciso una donna con la quale aveva una relazione da un mese, si è trasformata in Appello in una condanna a 16 anni. Una ‘tempesta emotiva’ determinata dalla gelosia può attenuare la responsabilità di chi uccide”: è questo il motivo che ha spinto la Corte d’Appello di Bologna a rivedere la pena comminata in primo grado. Leggeremo nelle prossime ore con attenzione le intere motivazioni della sentenza, ma se l’impostazione emersa in queste prime anticipazioni di stampa dovesse essere confermata, ci troveremmo sicuramente di fronte ad un precedente pericolosissimo.
Così rischiano di annullarsi anni di battaglie e di conquista di diritti fondamentali per le donne. È forse poi giunta l’ora di aprire una riflessione e fare una verifica sulle modalità con le quali vengono eseguite perizie e consulenze, talvolta redatte in modo così burocratico da risultare poco accurate e puntuali, e che finiscono in ogni caso per essere determinanti nella valutazione del giudice.
Nel nostro Paese sono innumerevoli i casi di violenza provocati da moventi di questo tipo. Bisogna intervenire al più presto: non possiamo e non dobbiamo accettare una un arretramento giuridico e culturale di questo genere che può lasciare spazio a inaccettabili impunità”. Così la presidente della commissione Femminicidio, Valeria Valente, senatrice del Pd, commenta la sentenza di Bologna.


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