“Lei, Ministro Salvini, probabilmente a processo non ci andrà. Non perché quello che ha fatto coincida con l’interesse supremo nazionale. Non ci andrà perché, nonostante le dichiarazioni a destra e a manca, ha fatto di tutto per non andarci.
I suoi alleati di governo, un tempo campioni di giustizialismo, sono divenuti felicemente suoi complici. La salveranno dal processo ma non dal giudizio politico. Un giudizio per noi indiscutibile.
Lei Ministro va in giro indossando impropriamente la divisa di uomini e donne coraggiosi, servitori dello Stato. Ma di fronte alla responsabilità si fa curato di campagna e dimostra il coraggio di Don Abbondio”.
Così la Senatrice Teresa Bellanova intervenendo in Aula nella serata di ieri sull’autorizzazione a procedere nei confronti del Ministro Salvini.
“Quanto è accaduto nell’agosto scorso”, ha proseguito la senatrice Bellanova, “non ha niente a che vedere con la sicurezza nazionale, piuttosto con le sue fortune politiche e una modalità da allora divenuta prassi, dovrei dire aberrante, di questo Governo: orchestrare ad arte su qualsiasi questione seria solo dei can can mediatici, sottraendo alla politica e alle aule parlamentari il proprio ruolo, facendo divenire qualsiasi tema esclusivo oggetto di contrattazione e compravendita ad uso e consumo dei due contraenti di governo. Noi rifiutiamo di pensare che l’interesse nazionale potesse risiedere, allora come ora, con il tenere segregati in mare per 5 giorni 177 migranti che avevano attraversato il deserto per mesi e mesi e sostato nelle carceri libiche, tra cui 29 minori non accompagnati, 5 uomini affetti da scabbia, altri malati di tubercolosi o polmonite, 11 donne stuprate nei lager libici.
E chiediamo: in un sistema costituzionale e democratico ci deve essere o no un limite all’agire politico, a garanzia stessa della democrazia e dell’inviolabilità di diritti fondamentali? L’essere stato votato dal popolo, come lei dice, la mette al di sopra della legge? Le consente di giocare con la vita umana?
Non governeremo l’immigrazione finché non ne assumeremo per interno tutte le implicazioni e saremo capaci di ridiscutere i rapporti di scambio.
Questa non è e non può essere solo questione di ordine pubblico. Quello lei lo ha già messo seriamente in crisi chiudendo gli Sprar. E’ una grande questione politica e come tale dobbiamo essere capaci di affrontarla, discuterla, governarla.
E se è evidente che non possiamo accoglierli tutti, è altrettanto evidente come tutti devono poter trovare accoglienza in Italia e in Europa, affrontando noi, qui, con altrettanta serietà e responsabilità politiche ed umane, la scarsa efficacia se non il fallimento di una lettura delle cose che individua la soluzione cardine nella frontiera esterna e nei respingimenti”.


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