HO MOLTO APPREZZATO LA LETTERA DEL MINISTRO ORLANDO SU L`UNITÀ DI MARTEDI SCORSO. In tempi tormentati come i nostri, credo che una visione di lungo respiro, che si interroghi sulla radice profonda di problematiche quali la crisi della democrazia rappresentativa, sia quello che serve per poter ripartire. Questo è ancor più vero se ci accorgiamo che questi processi di indebolimento della delega nelle mani dei governanti si prospettano come un dato strutturale, alimentati da una crisi dei corpi intermedi e perfino del nostro stesso modello di sviluppo. Certo, la democrazia rappresentativa deve necessariamente essere ancora la nostra stella polare, quel modello per il quale dobbiamo tutti lavorare; ma oggi non sembra più rimandabile l`inserimento in questo stesso modello di buone pratiche di democrazia partecipativa. Il decisore pubblico si è forse mai interrogato sui costi della non-partecipazione? Costi sociali, certo, in termini di frustrazione e perdita di fiducia del cittadino nelle istituzioni, ma anche elevati costi economici dovuti a opere che, scontando una mancanza di partecipazione ab origine, si arrestano in fase di contenzioso. E quando il conflitto è esploso è poi difficile fermarlo. La partecipazione può invece rimediare in parte a queste carenze, aprendo a monte un dibattito (che può e anzi deve essere anche aspro) in cui il conflitto emerga subito, in modo chiaro, anziché manifestarsi a valle con tutte le inevitabili conseguenze. Ecco dove risiede a mio avviso la grande opportunità che può darci la democrazia partecipativa: nella sua naturale capacità di prevenire il conflitto.
Lo spirito del disegno di legge che il ministro Orlando si appresta a presentare in Consiglio dei ministri, credo risponda anche a questa importante esigenza. L`introduzione nel nostro ordinamento dello strumento del dibattito pubblico può certamente essere un primo, coraggioso, passo verso un nuovo modo di pensare la democrazia rappresentativa tanto in crisi, soprattutto su materie che riguardano le tematiche ambientali. A tal fine mi preme sottolineare come in realtà questo strumento non sia del tutto sconosciuto in Italia poiché vi sono Regioni, come l`Emilia Romagna da cui provengo, e la Toscana che si sono dotate già da tempo di leggi ad hoc sulla partecipazione. Penso siano due buoni modelli cui il legislatore nazionale dovrebbe ispirarsi. L`esperienza toscana, nata con la legge n.69/2007, è emblematica di come si possano mettere in piedi processi partecipativi, finanziati dalla Regione, che consentano di pervenire a decisioni pubbliche certamente più condivise. La legge stessa, più volte menzionata come caso unico nel panorama internazionale, prevedeva una clausola di «autodissolvimento» allo scadere del quinto anno dall`entrata in vigore. Una «legge a tempo» che invece è stata nuovamente ripresentata nello spirito di fondo, ma cambiata profondamente proprio sulla questione del dibattito pubblico. È stata infatti superata la formulazione della legge 69, che assumeva come riferimento e oggetto del dibattito solo i «grandi interventi»: la nuova legge assume come possibile oggetto «opere, progetti e interventi che assumano una particolare rilevanza per la comunità regionale», e propone una definizione del dibattito pubblico come di un processo di informazione, confronto pubblico e partecipazione, che si svolge, di norma, nelle fasi preliminari di elaborazione di un progetto, o di un`opera o di un intervento, ossia quando ancora sono prospettabili e realizzabili diverse opzioni, o anche in fasi successive ma non oltre l`avvio della progettazione definitiva. Inoltre, nella precedente normativa, l`attivazione di un debatpublique era una facoltà che la legge assegnava all`Autorità regionale per la partecipazione sulla base delle richieste di attivazione che potevano essere avanzate da una serie di soggetti: in sostanza, i soggetti titolari della realizzazione di un`opera, gli enti locali interessati, una certa quota di abitanti, potevano presentare una domanda a cui l`Autorità era tenuta a rispondere entro trenta giorni. Organizzazione e svolgimento del dibattito erano disposti dall`Autorità stessa che, a tal fine, nominava un responsabile. Lo svolgimento del dibattito era regolato dalla legge sulla base di modalità del tutto simili a quelle previste dalla legislazione francese, prevedendo in particolare un rapporto conclusivo da consegnare al titolare della realizzazione dell`opera, sulla base del quale questi, entro tre mesi, doveva dichiarare se accettava le conclusioni del dibattito, o le accettava in tutto o in parte, o se confermava il progetto originario. L`esperienza di questi anni ha mostrato che questo dispositivo (e in particolare la facoltatività dell`apertura di un dibattito pubblico) non si è rivelato efficace, così come non ha trovato applicazione il meccanismo della domanda di apertura di un dibattito. Proprio per questo, la principale innovazione riguarda l`introduzione di meccanismi che, nei limiti del possibile, e senza insostenibili aggravi gestionali, rendano obbligatoria – date certe condizioni l`apertura di un dibattito pubblico.

Ne Parlano