È capitale la crisi della capitale. La reputazione di Roma si è consumata, le istituzioni sono state commissariate e la cittadinanza è rimasta attonita. E se manca un progetto per il futuro, un decreto serve a poco.
Occorre una scossa, una coraggiosa riforma.
Il punto di partenza sarebbe l`eliminazione del Comune di Roma. Alemanno ne ha demolito le strutture portanti mentre all`esterno sostituiva le insegne con quelle di Roma Capitale. L`amministrazione capitolina è da tempo obsoleta, perché troppo grande e insieme troppo piccola. È troppo grande per il governo di prossimità dei servizi ai cittadini e della vita di quartiere, ed è troppo piccola per il governo dei processi ormai dilagati a scala regionale, nella demografia, nell`economia, nei trasporti, nell`ambiente e nell`urbanistica. La dimensione locale dovrebbe essere affidata agli attuali Municipi, trasformandoli in Comuni in grado di rispondere direttamente ai cittadini senza perdersi in rimpalli di competenze. L`area più vasta dovrebbe essere governata esclusivamente dalla Città Metropolitana, cancellando anche l`attuale Provincia. È una riforma attesa da vent`anni che si può fare in venti giorni, con un semplice emendamento al disegno di legge Del Rio sugli Enti Locali in approvazione al Senato.
Un passo ancora più ambizioso potrebbe venire dalla revisione del Titolo V della Costituzione, indicata come priorità da Renzi. Se si vuole una riforma davvero incisiva bisognerà ridurre il numero delle attuali venti Regioni, condizione essenziale per un serio federalismo alla tedesca. Le Regioni più grandi ritaglierebbero lo spa- zio per una più piccola Regione romana, che svolge le funzioni di capitale e assorbe la Città Metropolitana. Proprio come avviene a Berlino, che è insieme un Land, una capitale e un`amministrazione cittadina.
Verrebbe superata l`attuale Regione Lazio, che è un`invenzione amministrativa. La pianura Pontina, gli Appennini Sabini e Volsci e l`Etruria meridionale hanno ben poco in comune in senso storico e geografico. Questi territori potranno confluire nelle macro-regioni dell`Italia centrale oppure partecipare alla nuova Regione di Roma, che in tal caso si allargherebbe oltre l`attuale confine provinciale. Le quattro istituzioni esistenti – Regione Lazio, Provincia, Comune e Municipi di Roma – sarebbero sostituite da due semplici livelli: la Regione di Roma più i Comuni, sia quelli dell`hinterland che i nuovi all`interno della città.
Sembra un salto temerario, ma è una necessità. Se la revisione del titolo V non mettesse in discussione i confini regionali, e se il disegno di legge Del Rio venisse approvato senza emendamenti, la Città Metropolitana di Roma diventerebbe il quinto livello di governo nello schema attuale, con evidente aggravio burocratico. Le sue direttive aumenterebbero la confusione di competenze tra il Comune e i Municipi. La sua pianificazione d`area vasta, riguardando i 3/4 della popolazione, svuoterebbe le competenze della Regione Lazio, introducendo un ulteriore diaframma nei rapporti da sempre difficili tra il Campidoglio e la Pisana. Inoltre si conserverebbe la Provincia nei territori più esterni dell`area romana, in barba alle promesse mediatiche degli ultimi governi. La città diventerebbe ingovernabile proprio mentre deve affrontare una grave crisi finanziaria e politica.
L`istituzione della nuova Regione Capitale, invece, offrirebbe a Marino e Zingaretti la possibilità di lavorare insieme per riformare gli strumenti di governo e le aziende fino alla scadenza dei loro mandati. Nel 2018 si voterebbe per eleggere il presidente della Regione romana e i sindaci dei Comuni, con le nuove istituzioni già predisposte.
 Smantellare le attuali burocrazie regionali e comunali vorrebbe dire ricostruire ex-novo una moderna amministrazione della Capitale, più efficiente, guidata da giovani dirigenti di alta professionalità non solo giuridica, orientata a valorizzare il lavoro dei dipendenti pubblici. Le aziende fornitrici risponderebbero ai nuovi Comuni, i quali pagherebbero il trasporto o la nettezza urbana in base alla qualità e quantità dei servizi erogati, coinvolgendo i cittadini nel controllo. Si deve creare una forza magnetica per costringere le aziende a rivolgersi agli utenti, liberandole dai lacci corporativi di dirigenti incapaci, sindacalisti consociativi e politici in cerca di preferenze.
La Regione Capitale dovrà riconquistare il prestigio, e avrà i poteri legislativi per migliorare l`amministrazione contando sulle proprie risorse, come tutte le altre regioni: quando chiederà allo Stato qualcosa dovrà dimostrare che è nell`interesse non solo dei romani ma di tutti gli italiani, che non riguarda l`emergenza quotidiana ma l`investimento sulla cultura italiana e mondiale.
La capitale non è soltanto il luogo dei ministeri, ma un centro di trasformazione della cultura che contribuisce al miglioramento dello spirito pubblico. Così nella storia hanno funzionato Parigi o Londra. Così si batte la retorica and-romana. Governare Roma non è una rivendicazione municipale, è una responsabilità nazionale.

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